Encefalite autoimmune: la testimonianza di Alessia

Encefalite autoimmune: la testimonianza di Alessia

La testimonianza della modenese Alessia Bellino, dipendente della cooperativa Gulliver, colpita nel 2015 da encefalite autoimmune. Guarita dal questa malattia rara ora, Alessia, si è fatta portavoce delle associazioni impegnate nella ricerca e sensibilizzazione a questa patologia che colpisce ogni anno 500 mila  persone nel mondo 

Circa 500 mila persone all’anno nel mondo vengono colpite da una encefalite, in particolare a me è stata diagnosticata un tipo autoimmune, anti recettore NMDA che è una malattia rara e potenzialmente molto pericolosa. I recettori NMDA sono proteine che contribuiscono a controllare gli impulsi elettrici nel sistema nervoso centrale, si trovano in misura maggiore nel cervello e hanno una funzione molto importante per l’interazione umana, le funzioni autonome, la memoria. Quando, per errore, i recettori NMDA vengono identificati come tessuti estranei dal proprio sistema immunitario vengono aggrediti dagli anticorpi autoprodotti in difesa del corpo, fino all’interno del cervello. Si definisce quindi autoimmune una malattia originata da se stessi, causata dall’attacco dei propri anticorpi contro parti del proprio stesso organismo. Le ragioni per cui gli anticorpi anti recettore NMDA si formano non sono ancora del tutto comprensibili, anche se si sospetta che l’origine possa essere associata a un tumore, spesso benigno, generalmente alle ovaie (teratoma) per le giovani donne, che sono colpite nell’80% dei casi.

Il 13 marzo 2015, a seguito di una crisi epilettica, sono stata ricoverata nel reparto di Neurologia del Nuovo Ospedale Civile S’Agostino-Estense di Baggiovara e, dopo esami del sangue e del liquido spinale, mi è stata diagnosticata un’encefalite autoimmune e in seguito è arrivata conferma anche del tipo di recettore. Nel frattempo, ho perso conoscenza e memoria di quel che mi è accaduto finché non ho ricominciato a svegliarmi a fine maggio, per poi essere dimessa a fine giugno 2015. Ho avuto momenti difficili e le cure ricevute (immunoglobuline, plasmaferesi, antiepilettici, antineoplastici monoclonali) non hanno fatto effetto subito, per cui la ripresa non è stata lineare ma caratterizzata di alti e bassi, tra cui anche momenti di terapia semintensiva, di CVC e di tanta paura per chi mi era accanto.

Ho trascorso in tutto 100 giorni in ospedale, durante i quali sono stata curata egregiamente dallo staff di Neurologia del Prof. Nichelli, con diversi tipi di trattamenti e andamenti altalenanti, perché i sintomi e le risposte alla malattia e alle cure di ogni singolo caso sono molto diverse l’una dall’altra, cosa che ho verificato di persona confrontandomi con tante persone di diverse parti del mondo, e i protocolli medici sono in continua evoluzione e aggiornamento, per essere sempre più uniformi ed efficaci

A novembre 2015 sono rientrata al lavoro, gradualmente, part time, in un ambiente di lavoro (Gulliver cooperativa sociale di Modena) che ha compreso i miei bisogni e mi ha dato il tempo di recuperare appieno tutte le mie mansioni, fino a che ad aprile 2016 sono tornata a regime e da lì ad ora ho ripreso a crescere professionalmente e a occuparmi di attività nuove. Sono stata fortunata e il reintegro al lavoro mi è servito tanto per recuperare non solo la memoria e le mie competenze, ma anche le relazioni sociali e la routine di una vita quotidiana normale, nonostante le difficoltà e la stanchezza che caratterizzano la ripresa dopo una malattia del genere.
Attualmente, i controlli medici stanno andando bene, la terapia funziona e mi sento tornata in forze come prima, più di prima, perché sono esperienze di vita che comunque ti segnano per sempre e ti fanno tracciare un confine tra il prima e il dopo indelebile. Sono stata fortunata, nella sfortuna degli eventi, a trovarmi qui a Modena, perché ho ricevuto cure di prim’ordine nella struttura ospedaliera di Baggiovara, ho avuto un grande supporto sul posto di lavoro e la mia rete famigliare e amicale della città in cui sono cresciuta e ho studiato è stata di grande aiuto, per me e mio marito. E se ho avuto un così buon recupero, sia fisico che mentale, è stato grazie anche a questo.
La mia vita 2.0, come la chiamo io, è ripartita di corsa, sia perché non mi sono risparmiata in impegno e fatica nel recuperare tutto quello che prima mi apparteneva, sia perché letteralmente l’attività fisica è stata la mia prima grande conquista!
Dopo 3 mesi a letto, ho dovuto imparare di nuovo a fare qualunque cosa fisica, dallo stare in piedi al camminare, e la corsa, che praticavo già prima di ammalarmi, è stato uno dei miei primi pensieri. Le prime scarpe indossate in ospedale sono state le mie amate Asics e già nei corridoi dell’ospedale ho camminato per km, sotto la vigile e amorevole custodia dei miei cari e dello staff medico. Una volta a casa, ho trascorso l’estate a camminare nel mio quartiere di Modena Est e poi nella città, ricominciando a fare anche i primi passi di corsa, fino all’autunno, in cui ho ricominciato ad allenarmi, col sostegno della mia squadra podistica Interforze di Modena, compagni di corsa e grandi amici. Più recuperavo fisicamente più anche mentalmente diventavo forte, perché la corsa – si sa – non è solo una questione di gambe, ma tanto fa anche la testa.
A febbraio 2016, ho partecipato alla RunForRare (perché la mia encefalite è anche una malattia rara, anche se ancora non decodificata come altre)

Dopo aver corso la mezza maratona di Torino nel 2016 e poi varie altre corse, mi sono detta: voglio tornare a fare una maratona! Quando mi sono ammalata ero iscritta e pronta per la maratona di Roma, che ci sarebbe stata pochi giorni dopo il mio ricovero. Per me era una rivincita e una riconquista preparare una corsa così intensa e significativa, un modo per tornare alla mia vita dove l’avevo lasciata. Col consenso dei dottori e l’appoggio del nostro presidente, ci siamo iscritti alla maratona di Londra, perché è una città che ci piace molto e che ha un bel percorso. Ho corso la maratona con entusiasmo, soddisfazione e gioia, dalla partenza al traguardo tutta d’un fiato.

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Sugli altri fronti, oltre ad aver ritrovato e confermato tante amicizie e tanti affetti, tra cui un marito meraviglioso che ri-sposerei se non lo avessi già fatto, sono felice della mia vita, nonostante o anche proprio per tutto quello che ho passato. Sono grata per questa seconda occasione ogni giorno, perché penso che andrà sempre meglio. Ho riottenuto la patente, un rinnovo di due anni che mi ha resa molto felice e mi ha fatta sentire autonoma e padrona di me. Ho ripreso a viaggiare, cosa che adoro, e a parte qualche accortezza, non ho neanche un problema a prendere voli, mangiare fuori, scoprire posti nuovi, camminare per città sconosciute. Ad aprile ho anche cambiato ufficio e mansione nel mio posto di lavoro in Gulliver e sono entusiasta, mi è stata data una grande opportunità di crescita e di realizzazione che sto vivendo intensamente e con impegno.

Ora, a distanza di 2 anni, mi sento di nuovo me stessa. Il percorso di recupero è stato lungo e faticoso e sono ancora seguita per la terapia in atto (prendo ancora un po’ di medicine per l’immunosoppressione e faccio controlli periodici, sia esami di laboratorio, sia specialistici, sia per gli screening oncologici), ma si può dire che sto bene ormai. Sono un caso fortunato e interessante. Anche per questo sono in contatto con alcune associazioni estere che si occupano del tema (UK www.encephalitis.info, Canada www.antinmdafoundation.org e USA aealliance.org/) e come survivor cerco di portare il mio contributo a chi sta ancora attraversando l’inferno della malattia o ne sta uscendo attraverso gruppi sul web, chat e mail, in inglese. In Italia, non esistono realtà che si occupano di questa malattia e quindi al momento i miei primi contatti sono stati in inglese. E’ così rara da non avere nemmeno un codice sanitario (possibile esenzione a parte, è una questione di riconoscimento).

La mia prima testimonianza si può trovare qui:


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Da queste associazioni ho appreso molte cose, sulla mia malattia e su come diffondere la consapevolezza al riguardo e sensibilizzare le persone. Ad esempio, il 22 febbraio si celebra il WED (World Encephalitis Day) e per dimostrare la propria adesione si indossa qualcosa di rosso.

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Nel 2017 per il WED sono stati illuminati di rosso alcuni monumenti cittadini del mondo e Modena è stata l’unica città italiana ad aderire, grazie alla mia richiesta di illuminare la Fontana dei Due Fiumi del Graziosi in largo Garibaldi, con il sostegno del Prof. Nichelli per l’Ospedale – reparto di Neurologia, il patrocinio del Comune di Modena e la collaborazione di Hera.

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Vorrei fondare un’associazione, o almeno un sito web in italiano, dopo l’investitura di testimonial con l’ente canadese, per aiutare le persone che non conoscono l’inglese, o che comunque sono di madrelingua italiana, ad accedere alle informazioni necessarie, per entrare in contatto, conoscersi e scambiarsi le proprie esperienze.

Alessia Bellino